Disturbo Evitante di Personalità

DISTURBO EVITANTE DI PERSONALITA'

Da cosa è caratterizzato il disturbo evitante di personalità?
Il disturbo evitante di personalità è caratterizzato da schemi maladattivi di profonda inadeguatezza,
di inibizione nella sfera relazionale e di un’ipersensibilità al giudizio altrui. Ciò porta l’individuo che
ne è affetto a manifestare una forte preoccupazione nell’essere criticato, rifiutato o giudicato.
Pertanto, la compromissione delle relazioni interpersonali risulta essere molto frequente perché si
tende ad evitare in maniera sempre più pervasiva i contesti interattivi e interpersonali, limitando
difatti il naturale sviluppo delle abilità sociali.
 
Quali sono i sintomi?
I soggetti con disturbo evitante di personalità si sentono come se vivessero in una realtà estraniata
rispetto a quella normalmente vissuta dagli altri, si percepiscono diversi, inferiori, isolati e incapaci
di vivere una vita routinaria piena di rischi e di imprevedibilità. Queste modalità pervasive di
comportamento non fanno altro che aumentare il loro senso di estraneità da un mondo pericoloso
e giudicante in cui sentono crescere sempre di più la loro inadeguatezza. Il ritiro sociale spesso in
questi individui rappresenta l’unica modalità per poter sperimentare sensazioni piacevoli e
positive, lontano dai forti vissuti di ansia, vergogna e disagio, relativi alla difficoltà di interagire con
gli altri, mostrando un adeguato senso di padronanza ed efficacia.
I sintomi più comuni nel disturbo evitante di personalità solitamente si presentano nella prima età
adulta e riguardano una preoccupazione pervasiva di essere giudicati, rifiutati a tal punto da
mostrarsi disposti al contatto sociale solo se si è convinti di piacere. L’inibizione costante conduce
questi individui a rifiutare qualsiasi attività o compito che comporti un senso di responsabilità o di
rischio di fallire. Il profondo malessere legato alla difficoltà di creare contatti sociali può aumentare
il rischio di condurre una vita priva di esperienze positive e di stimoli non solo nella sfera
relazionale ma anche in quella lavorativa, causando spesso l’insorgenza di disturbi
ansioso-depressivi.
 
Quali sono i trattamenti maggiormente efficaci?
Tra i trattamenti evidence-based (basati sull’evidenza scientifica) risulta significativo il trattamento
cognitivo-comportamentale e la terapia metacognitiva interpersonale. Nel trattamento
cognitivo-comportamentale il terapeuta fornisce al paziente un set di abilità e strumenti per
mettere in discussione e ristrutturare cognitivamente i pensieri disfunzionali e irrazionali che
causano i profondi vissuti di disagio. Il lavoro terapeutico difatti consente di entrare in contatto con
i profondi schemi di inadeguatezza, analizzando attraverso i cicli interpersonali le modalità erronee
di previsione della minaccia che non fanno altro che confermare le credenze di base. Inoltre, il
focus terapeutico prevede per individui con tale disturbo anche l’acquisizione di risorse e abilità
per fronteggiare le situazioni temute attraverso strategie e tecniche di natura comportamentale.

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